Day 5, Sumba


Sumba inizia a piacermi. Iniziamo a prendere una piega molto gipsy. Teniamo quasi sempre le porte aperte delle nostre stanze, passiamo da una all'altra per lavarci i denti, prestarci cose. La sera rimaniamo seduti nel patio a cazzeggiare fino a tardi. Rinforziamo la colazione con le nostre scorte personali di biscotti o barattoli di Nutella. Sul pullman abbiamo costruito un impianto audio con cinque cose di cinque persone diverse e ascoltiamo la musica. Si fanno anche le richieste.

Ci portano per prima cosa a vedere una diga, dove ci sono alcune donne che lavano i panni. Poi in una laguna che sembra quella di Peter Pan, dove i ragazzi indonesiani si tuffano con i jeans. Le mie mani e i miei piedi con le unghie smaltate di nero hanno lo stesso colore pallido della sabbia.

Nel pomeriggio, visitiamo un paio di villaggi offrendo un sacchettino di frutti allucinogeni e e qualche migliaio di Rupie come pizzo. Ci circondano tantissimi bambini che ridono e chiedono selfie con noi. I ragazzi più grandi hanno la moto da cross. Quello che sembra il bullo di turno è a cavallo di un Husqvarna rosso e blu, ha un machete infilato da dietro nei jeans, la punta esce da uno strappo sul ginocchio.

Sul tardi, andiamo al mare. Per scendere in una caletta di sabbia bianca, dobbiamo arrampicarci giù per delle rocce scure e taglienti. Le barche colorate dei pescatori iniziano a partire, sembrano tutti euforici come se stessero andando a fare serata al Cocoricò di Riccione. È tutto arancio e blu, facciamo il bagno tutti insieme e ci mettiamo a giocare alle torrette. Ci guardiamo un tramonto ultra coreografico con in mano le bottiglie di Bintang, salati, umidi e spettinati. Ho tolto il sopra del costume e i capelli mi stanno bagnado la maglietta dei Nirvana. Non me ne frega niente.
Decidiamo di fermarci direttamente per la cena, dopo che abbiamo abbattuto un palo della luce con il pullman e abbiamo fatto saltare la corrente a quattro case.
Il ristorante è carino, noi siamo vestiti come degli scappati di casa, in pantaloncini e ciabatte, combattendo l'escursione termica della sera con i k-way e i sarong. Di nuovo, non me ne frega niente.
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